Mentre si contorceva dal male, tra una bestemmia e l’altra, Arturo riuscì a rivolgersi al dottore, appena apparso al lato del suo letto di pronto soccorso.
“Ma perché cazzo è successo? Non ho mai avuto problemi di schiena. Com’è che ora mi è esploso un disco intervertebrale? Non ho fatto movimenti strani e non ho avuto traumi, ero sereno a farmi i cazzi miei al bar e la schiena ha ceduto di colpo!”
Il dottore si mise a sfogliare le carte che aveva in mano, tenendole con la punta delle dita come fossero bucce di banana rimaste troppo tempo al sole. Parve fare fatica nel scegliere le parole con cui iniziare, poi lanciò la carpetta con i fogli-banana oltre il separé, colpendo un altro paziente in testa che lanciò un urlo, si abbandonò sulla sedia e cominciò a spiegare, con il tono stanco di chi deve ripetere sempre le stesse cose.
Questa fu la spiegazione scientifica che il dottore diede ad Arturo:
“Otto giorni fa, il fantasma del soldato Carlogesù, detto da vivo Carlo la carpa, si è ridestato dal suo giaciglio di terriccio e si è messo a vagare per le vie della città. L’ho incontrato davanti al forno che fa quei panzerotti alla menta che sono la fine del mondo, ma non si fermò a mangiare con me, dato che aveva fretta. L’ho visto camminare dritto e determinato e rallentò il passo giusto quei pochi secondi per dirmi che aveva una missione ben precisa da portare a compimento il più rapidamente possibile, per tornare poi a dormire indisturbato per il resto dell’eternità. In pochi secondi aveva girato l’angolo, uscendo dal mio campo visivo. Ora, dalle mie ricerche fatte questa mattina sono abbastanza convinto che la missione gli fu affidata nel 1654 da un folletto della pulce del gufo – esseri piccolissimi il cui mondo inizia e finisce nello spazio delimitato, appunto, dal dorso delle pulci che vivono nascoste nel manto dei gufi – e gli fu comunicata esattamente nel momento in cui Carlogesù stava per morire a causa di una scommessa finita male.
La scommessa in questione consisteva nell’ingoiare un volatile vivo, intero e senza l’aiuto delle mani; il folletto, che era in quel momento molto vicino all’orecchio del pover’uomo agonizzante, dato che metà gufo gli si era fermato nell’esofago ma l’altra metà gli sbatteva ancora le ali in faccia, gli ordinò che esattamente il ventuno gennaio duemilaventidue, si sarebbe destato dalla tomba, avrebbe inforcato la sua baionetta fantasma e sarebbe andato a tagliare in due la gommosa membrana che conteneva la polpa del disco intervertebrale di tale Arturo Guidetti. Ecco, credo che non si possa chiedere a un povero Cristo una maggiore efficienza di quella mostrata dal nostro Carlogesù, dato che la sua schiena, caro signor Arturo, è ora assolutamente un disastro! E adesso, se mi permette, credo che mi assenterò qualche ora per andarmi a prendere uno di quei panzerotti di cui le parlavo prima, vuole che gliene porti uno?”